La CTU ematologica assume valore determinante nel giudizio per la dichiarazione giudiziale della paternità

La CTU ematologica assume valore determinante nel giudizio per la dichiarazione giudiziale della paternità
29 Gennaio 2021: La CTU ematologica assume valore determinante nel giudizio per la dichiarazione giudiziale della paternità 29 Gennaio 2021

Nell’ambito del giudizio di legittimità instaurato dal “dichiarato padre” a seguito della conferma, da parte della Corte d’appello, della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto la sussistenza del legame filiale con l’attore, la Corte di Cassazione ha potuto ribadire l’importanza dalla CTU ematologica nell’ambito dei giudizi promossi per la dichiarazione giudiziale della paternità. 

In primo luogo la Corte ha sottolineato che l’eventuale rinuncia espressa dell’attore di avvalersi della consulenza tecnica non vale a determinarne la definitiva esclusione dal giudizio. 

Ciò in quanto, essendo il consulente tecnico un ausiliario del Giudice, è solo quest’ultimo a poter decidere se avvalersi o meno della sua collaborazione, senza che l’eventuale rinuncia di parte attrice possa assumere valore in merito. 

La Corte ha posto in evidenza che il valore determinante attribuibile alla consulenza disposta ex officio iudicis è tale sia che venga efficacemente espletata, sia che il convenuto (presunto padre) decida volontariamente di sottrarvisi. 

Nel primo caso, lo svolgimento della consulenza permetterebbe di addivenire all’accertamento della paternità oltre ogni ragionevole dubbio.

Nella diversa situazione in cui il convenuto dovesse opporre il proprio rifiuto ai necessari prelievi, il Giudice potrebbe comunque dedurne validi argomenti di prova, utili al proprio convincimento.

Infatti, secondo il disposto dall’art. 116 c.p.c., anche il comportamento delle parti forma oggetti di valutazione da parte del giudicante nel momento in cui questi deve verificare se risulti raggiunta la prova circa l’oggetto del giudizio. 

Né, in contrario, il rifiuto di sottoporsi alla CTU potrebbe essere ricondotto nel diritto alla riservatezza del “presunto padre”, sia perché l’esito di tale accertamento può essere utilizzato solo ai fini di giudizio, sia perché il CTU è comunque tenuto ad assumere il segreto professionale.

A ciò si aggiunga che, secondo il principio di libertà della prova sancito in materia dall’art. 269, comma 2, c.c., l’ammissibilità della consulenza non sarebbe neppure subordinata alla produzione in giudizio di prove storiche di un qualche rapporto sessuale tra la madre ed il presunto padre. 

Diversamente, il suddetto principio, subirebbe un’ingiustificata contrazione.  

Tanto premesso, appare evidente che il rifiuto di sottoporsi alla CTU ematologica, di per sé, non potrà evitare che il presunto padre venga dichiarato tale nell’ambito di un giudizio di accertamento giudiziale della paternità ove sia disposto ex officio tale genere di accertamento, rimanendo il Giudice libero di valutare il significato di tale rifiuto e di desumerne argomenti di prova in danno del presunto padre.

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